martedì 13 maggio 2008

Poetiche velleità in formato Word

Il poeta accese il computer, subito dopo una sigaretta.
Tristi, matite e penne si impolveravano nei loro appositi loculi di cartone, curiosi oggetti denominati “portapenne”.

Il timore riempie me, e mi sovviene Battisti:
“Come può uno scoglio,
arginare il mare…”

Muto il telefono, vuota la posta, elettronica e reale,
muto il poeta, chiasso nel di lui ventre.

Non da te più notizie,
ma di mia vita commenti e critiche;
forse stufa, o arrabbiata,
nell’alternanza di impazienza e
probabile delusione.

Tronfio,
sul trono delle Moire
l’infausto destino seguiva gli sviluppi del suo io,
trionfo, era ciò che sentiva.
Un tonfo, avvertì il poeta,
inerme, ristette il corpo
il cuore a naufragare

Perché tutto intorno a me tace,
perché non una parola
anche una che sia una tagliola...

Povero Amleto
privo di palco,
sordo alle campane del rischio,
timpani chiusi da odori di morte.

E la morte ridente,
a giocare a rimbalzo con i sentimenti,
con le paure…
quanti sentimenti genera la paura…
il timore al confronto si discioglie come…
beh, una metafora vale l’altra,
ma il senso…

Vite che aspettano su binari fantasma,
vite che cercano treni in perenne ritardo,
stazioni che non vedono facce
da qualcuno desiderate…
E nessuno a cui chiedere informazioni…

E tutt’intorno a me tace,
lacerante silenzio
doloroso più di sanguinolente ferite,
potessi capire, sapere…


Muri, elevati…
Innalzati da un perché immaginato
senza auspicio,
orgogli e comprensione,
sudati e forse esausti,
in interminabili scacchi e bracci di ferro
impegnati…

Amare da morire,
morire per amore,
non vivere per amore,
vivere per amore
dando vita forse…

L’alba di un altro, ennesimo nuovo giorno
attendeva al solito sorniona,
certa che di nuovo ci sarebbe stata
reiterata aspettativa, forse ancora
sofferenza, speranza…

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